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CESARE MUSATTI

L’uomo e l’intellettuale

 

“Abbiamo dunque un teatrino interno e se riusciamo a superare il preconcetto di una persistente unità dell’Io e a vedere effettivamente tutto quello che avviene in noi stessi, siamo, e restiamo perpetuamente a teatro”

C. Musatti, “Il pensiero dialogato”, 1988

Cesare Musatti nasce a Dolo (Ve) il 21 settembre 1897 e muore a Milano il 21 marzo 1989.

E’ considerato il padre della psicoanalisi italiana. Intellettuale, ricercatore, è tra i fondatori della Società Psicoanalitica Italiana, di cui più volte ne ha ricoperto la carica di Presidente.

La sua origine ebrea gli condizionerà pesantemente l’esistenza durante il ventennio fascista, ma contribuirà a forgiarlo come persona dotata di grande sensibilità, capacità di ascolto, desiderio di comunicare e partecipare attivamente alla vita intellettuale e politica del suo Paese.

Amici e colleghi hanno riconosciuto in Cesare Musatti un maestro. Una persona unica, capace di coniugare ironia e saggezza, curiosità verso nuovi approcci e nuove teorie, ma al contempo rigore verso i fondamenti originari della disciplina freudiana.

Figlio di un deputato socialista, Musatti mostra, sin dalle prime esperienze di insegnamento in un liceo padovano, un evidente orientamento antifascista. Questo, assieme all’interesse e la passione verso la psicoanalisi – che a quell’epoca, era considerata una scienza pericolosa, in quanto dissacrante e di “derivazione ebraica” – procurarono a Musatti parecchi problemi, non ultimo l’allontanamento dall’insegnamento accademico, qualche anno dopo avere ottenuta la cattedra di Psicologia presso l’Università di Padova nel 1927, alla morte del suo maestro Benussi.

Nel ’47 divenne titolare della prima cattedra di psicologia post-fascista presso l’Università di Milano e nel ‘67 Direttore della Scuola di specializzazione in psicologia presso le Facoltà di Medicina e Chirurgia e Lettere e Filosofia di Milano.

Uno dei maggiori lasciti psicoanalitici di Musatti è la traduzione italiana delle Opere di Sigmund Freud (Bollati Boringhieri, 12 vol.). La più completa ed approfondita traduzione delle Opere tra quelle che si possono trovare in giro per il mondo, ricca di contributi personali e dotata di un prezioso indice analitico.

Nel 1963 è tra i co-fondatori del Centro Milanese di Psicoanalisi (CMP), che nel 1989, anno della sua scomparsa, verrà a lui intitolato, divenendo “Centro Milanese di Psicoanalisi Cesare Musatti”.

Musatti è autore di numerosi scritti letterari che hanno contribuito alla divulgazione del pensiero psicoanalitico e la diffusione in ambiti differenti, come il cinema, la ricerca o la psicopatologia della vita quotidiana. È stato Presidente della Casa della Cultura di Milano.

In ambito giuridico, si è distinto per un’intensa opera scientifica e per aver ricoperto la carica di Membro aggiunto della sezione minorile della corte di appello di Milano.

Musatti si è sempre dedicato ad un attivo e costante impegno politico, candidandosi a deputato e ricoprendo più volte il ruolo di consigliere comunale a Milano.

Musatti si è distinto nel suo lavoro di psicoanalista, per l’estremo rigore e per la primaria attenzione rivolta alla propria auto-analisi, muovendo dalle parole del maestro Freud, pronunciate a Norimberga nel 1910, in occasione del secondo Congresso Internazionale di Psicoanalisi. In questa occasione, Freud declamò l’importanza fondamentale che l’analista svolga continuamente su di sè un’approfondita autonalisi e che questa lo accompagni per tutta la vita professionale. Solo attraverso la comprensione di se stessi, è possibile comprendere e quindi trattare le persone sofferenti. Musatti fece proprie queste parole, andando oltre e contribuendo ad evidenziare una delle caratteristiche fondanti dell’esperienza analitica: essa è inevitabilmente influenzata dalle caratteristiche personali ed affettive dell’analista, il quale è direttamente coinvolto con i propri “complessi”, conflitti, affetti, emozioni, sentimenti ed esperienze di vita. La psicoanalisi non può dunque scindersi dalla vita, non solo del paziente, ma anche dell’analista, il quale è chiamato ad un lavoro profondo di introspezione e di conoscenza di sé e del mondo, tale che gli permetta di lavorare comprendendo a fondo i fenomeni psichici dei pazienti, ma soprattutto distinguendo tra quelli che sono i conflitti, i desideri ed i bisogni dell’analista, da quelli che sono propri del paziente.

Questi aspetti entreranno a far parte stabilmente della professione analitica, andando a costituire il fondamento di quello che sarà poi definito l’assetto analitico, che frequentemente è stato confuso ed appiattito su di un’immagine dell’analista cupo, severo e riverso silenziosamente su di sé.

Musatti ha saputo opporre a queste immagini, pur incarnando con estrema disciplina l’ascolto rispettoso richiesto dal lavoro dell’analisi, quelle di una persona carica di ironia, senso di responsabilità istituzionale e grandi doti comunicative in pubblico, che soprattutto negli ultimi anni della sua vita, lo hanno condotto a manifestare il suo pensiero attraverso scritti ed interviste sui media, compresa la televisione.

Una delle caratteristiche dell’uomo e psicoanalista Musatti è stata la capacità di incontrare gli altri, intesi come pazienti, colleghi, culture ed approcci.

Si è impegnato attivamente nella vita istituzionale della Società Psicoanalitica: è stato più volte Presidente della SPI e del Centro Milanese di Psicoanalisi (CMP); ha ricoperto inoltre il ruolo di Direttore della rivista ed ha pubblicato numerosi scritti, tra i quali, su tutti spicca il “Trattato di Psicoanalisi” del 1949, un vero e proprio manuale su cui si sono formati generazioni di psicoanalisti e studenti e che tuttora resta uno dei capisaldi della formazione psicoanalitica.

Dobbiamo al Musatti psicologo giuridico una moltitudine di concetti che caratterizzano tuttora la psicologia forense e della devianza. A lui si ascrivono teorizzazioni rivoluzionarie e ancora attuali, come ad esempio la sindrome di Stoccolma o più semplicemente la tendenza ad agire nelle relazioni, l’esperienza traumatica vissuta antecedentemente. Nella prospettiva musattiana, la condotta deviante viene sottratta al pensiero comune, secondo il quale questa corrisponderebbe ad un mero atto di egoismo ed etero-aggressività, per divenire espressione, al contrario, di un agito auto-aggressivo rivolto ad un Super-Io troppo severo, venutosi a formare a partire da esperienze traumatiche e di violenza subita. Persino nell’omicida, si possono individuare quelli che sono i presupposti di un funzionamento anticonservativo: egli diviene vittima di scariche di aggressività determinate da un deficit delle barriere psichiche deputate a salvaguardare la propria vita e quella degli altri, da possibili danni o pericoli.

Egli sottolinea come la ricerca della verità non possa in alcun modo avvenire a partire dalla realtà dei fatti, ma possa essere soltanto un’interpretazione di avvenimenti, così come possono essere solo riferiti da coloro che li hanno osservati o vissuti. Il che comporta quindi delle enormi ricadute sull’attendibilità o meno delle testimonianze nei casi di processo.

Fu attivo esponente del partito Socialista, ricoprendo la carica di Consigliere Comunale a Palazzo Marino a Milano e tentando in alcune circostanze di candidarsi come deputato. Completano la sua intensa attività culturale decine di scritti, interviste, eventi culturali promossi, anche in qualità di Presidente della Casa della Cultura di Milano, un luogo elettivo di scambio e partecipazione alla vita culturale della città, del paese e del panorama internazionale.

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